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La crisi tra Polonia e Unione Europea e i suoi possibili sviluppi.
11/11/2021 20:55
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La sezione pinerolese del Movimento Federalista Europeo ha organizzato mercoledì 10 novembre alle ore 21 al Salone dei Cavalieri di Pinerolo un dibattito sulla crisi tra la Polonia e l'Unione Europea e i suoi possibili sviluppi.
Sono intervenuti in streaming, da Roma e da Varsavia, Teresa Coratella, Program Manager del European Council on Foreign Relations (ECFR), e Fabio Turco, giornalista freelance del collettivo Centrum Report, da anni attivo a Varsavia.
I grandi problemi del nostro tempo non conoscono frontiere: le pandemia, l'emergenza ambientale, la rivoluzione tecnologica, le migrazioni... A quale livello si possono trovare soluzioni efficaci? A quello nazionale, ogni stato da solo, oppure insieme, nella prospettiva di un destino comune?
Dove va la Polonia, dove può arrivare l'Europa? Una serata per sostenere l'Europa democratica, sovrana e federale!
Sono intervenuti in streaming, da Roma e da Varsavia, Teresa Coratella, Program Manager del European Council on Foreign Relations (ECFR), e Fabio Turco, giornalista freelance del collettivo Centrum Report, da anni attivo a Varsavia.
I grandi problemi del nostro tempo non conoscono frontiere: le pandemia, l'emergenza ambientale, la rivoluzione tecnologica, le migrazioni... A quale livello si possono trovare soluzioni efficaci? A quello nazionale, ogni stato da solo, oppure insieme, nella prospettiva di un destino comune?
Dove va la Polonia, dove può arrivare l'Europa? Una serata per sostenere l'Europa democratica, sovrana e federale!
L' incontro/dibattito è aperto a tutti gli interessati. Accesso in presenza consentito soltanto con esibizione di green pass, mascherina, igienizzazione mani e distanziamento.
L' evento è stato trasmesso anche in streaming facebook e youtube nella pagina e canale del MFE- Pinerolo.
Salone dei Cavalieri
Viale Giovanni Giolitti, 7, 10064 Pinerolo TO, Italia
Viale Giovanni Giolitti, 7, 10064 Pinerolo TO, Italia
Event report
La sezione pinerolese del Movimento Federalista Europeo ha organizzato un incontro cittadino il 10 novembre 2021 al Salone dei Cavalieri a Pinerolo, sul tema: “La crisi tra Polonia e Unione Europea e i suoi possibili sviluppi”. La riunione è stata condizionata dalla forte pioggia che negli ultimi giorni si è abbattuta sulla regione, limitando purtroppo la partecipazione fisica delle persone, in particolare dai paesi del circondario. Tuttavia, fra quanti sono riusciti ad essere presenti di persona o si sono collegati con ZOOM e su Facebook, ha partecipato al dibattito una platea di una cinquantina di persone. Presenti in sala, fra gli tri, due ex candidati sindaci alle recenti elezioni amministrative, gli avvocati Silvia Lorenzino e Marco Gaido; collegato da Ivrea Stefano Moscarelli, segretario per il Piemonte del MFE; collegati da Torino, fra gli altri, Sergio Pistone, attuale presidente della sezione torinese del MFE, già collaboratore diretto di Altiero Spinelli e docente universitario, e Alfonso Iozzo, già dirigente di spicco dell’Istituto San Paolo e della Cassa Depositi e prestiti, anch’egli figura storica del federalismo italiano.
GIOVANNI TRINCHIERI, segretario della sezione pinerolese del MFE, introduce la discussione richiamando l’aumento delle tensioni internazionali e l’emergere della contrapposizione fra la Cina e gli Stati Uniti, con il rischio per l’Europa di dividersi e appiattirsi su l’uno o l’altro versante. Gli USA vivono una crisi profonda, con una società polarizzata e lacerata, lasciando spazio a livello internazionale al modello autoritario della Cina e di altre potenze minori. In Europa alcuni stati membri, in particolare l’Ungheria e la Polonia, stanno portando avanti sempre più convintamente politiche contrarie ai valori fondanti dell’Unione, come il rispetto dello stato di diritto, la pace, la tutela delle minoranze, la solidarietà. Nel suo complesso l’Europa è continuamente sotto ricatto, quello energetico da parte della Russia e quello migratorio da parte della Turchia. A livello internazionale permane la minaccia del terrorismo e si accentua quella alla cyber-security. Il ritiro americano dall’Afghanistan rappresenta un fallimento per tutto il mondo occidentale e peserà a lungo per le modalità con cui è avvenuto. La pandemia da Covid 19, ancora in corso, ha
provocato finora più di quattro milioni di vittime, ha bloccato l’economia dell’intero pianeta, evidenziando l’altissimo grado di interdipendenza globale che ci accomuna in una tragica “comunità di destino”, ed ha inasprito le disuguaglianze a livello planetario. Ci sono poi le altre grandi emergenze: la crisi climatica, l’inquinamento, la distruzione dell’ecosistema, che mettono a rischio la stessa sopravvivenza dell’umanità. In questo quadro risalta drammaticamente la mancanza di attori e istituzioni sovranazionali in grado di garantire la pace, la difesa dei diritti umani, la parità di genere, la democrazia, lo sviluppo sostenibile e di governare in qualche modo il mondo. Come è fallita a suo tempo la Società delle Nazioni, così oggi faticano le Nazioni Unite a svolgere il loro altissimo compito. Nel Palazzo di vetro ci sono le testimonianze dei sacrifici eroici di tanti operatori dell’ONU, ma è innegabile il suo condizionamento dai risultati della seconda guerra mondiale e dal diritto di veto di cui godono i membri permanenti del Consiglio di sicurezza: l’ONU è ancora fondata sul nazionalismo. Da un lato abbiamo un quadro drammatico di crisi immense, dall’altro la debolezza di istituzioni in grado di affrontarle a livello sovranazionale. E’ il modello nazionale che non funziona più, e che porta inevitabilmente a nuovi conflitti o a compromessi inadeguati per la risoluzione dei problemi. La soluzione che noi consideriamo utile è quella federale, quella immaginata da Schuman tanti anni fa. Si odiavano ancora i tedeschi e i francesi dopo la guerra, eppure l’idea fu quella di dire: prendiamo quello che ci divide e mettiamolo sotto il controllo di un’autorità liberamente scelta da noi, alla quale cedere una parte del nostro potere per costruire un modello di convivenza e di pace; un potere superiore e democratico. Questo credevano Schuman, Monet, Spinelli, Adenauer e gli altri padri dell’Europa. Pur di fronte a tante difficoltà, non ci sentiamo tuttavia disperati, perché abbiamo una speranza, come Movimento Federalista Europeo: quella di un governo mondiale, di una federazione di popoli che trovino dei punti importanti di accordo per essere loro, e non un virus, a determinare l’appartenenza a una comunità di destino. Oggi l’Europa può essere un buon laboratorio federalista, per se stessa e per il mondo. Perché l’Europa ha fatto tutto il male possibile nella Storia, il colonialismo e due guerre mondiali; ma ha realizzato qualcosa di unico sulla Terra: negli ultimi settant’anni i suoi popoli e i suoi Stati, spesso rivali, sono riusciti a darsi dei valori e delle regole comuni. Adesso deve procedere ulteriormente riformando i Trattati, a cominciare da quello di Lisbona che non le permette di prendere le
decisioni necessarie per risolvere, a livello sovranazionale, i problemi di politica industriale, ambientale, migratoria, di politica estera e di difesa, di politica sanitaria, di cooperazione giudiziaria. In Europa le decisioni più importanti vengono prese a livello intergovernativo dal Consiglio Europeo; è arrivato il momento invece per il Parlamento Europeo, l’istituzione più rappresentativa, di assuma i poteri che spettano normalmente a un parlamento: gestire una propria politica fiscale, renderne conto democraticamente, decidere come affrontare i grandi problemi comuni. La Commissione deve diventare il governo dell’Europa unita, mentre il Consiglio deve perdere i propri privilegi e diventare una Camera degli Stati. Questa è la linea confermata dal Movimento Federalista Europeo nel recente congresso del 22-24 ottobre a Vicenza. Da qualche mese è attiva la Conferenza sul futuro dell’Europa, istituita dal Parlamento, dalla Commissione e dal Consiglio, ma il suo compito purtroppo non è stato definito con chiarezza; sta ai cittadini europei, ai movimenti europeisti organizzarsi affinché essa non si concluda con qualche affermazione retorica ma apra la strada finalmente a una revisione dei Trattati. Un saluto particolare a una persona che non è presente questa sera, ma che ha svolto un ruolo determinante per far nascere la nostra sezione: Emilio Cornagliotti, un vecchio leone del MFE; e un saluto agli amici on line da Torino, come Sergio Pistone e Alfonso Iozzo, che hanno dato tantissimo al movimento federalista.
ANDREA GEUNA, moderatore della serata, presenta gli ospiti: Fabio Turco in collegamento da Varsavia, e Teresa Coratella in collegamento da Roma. La Polonia è un paese distante 18 ore di macchina da noi, ma è una realtà che ci interessa da vicino. La Polonia è il quinto paese, dopo la Brexit, per consistenza di popolazione, ed è il più ricco ed in crescita fra quelli del versante orientale dell’Unione. Fabio Turco è un giornalista freelance, membro del collettivo giornalistico Centrum Report, molto attivo nei paesi dell’est europeo. Teresa Coratella è Program Manager dello European Council on Foreign Relations (ECFR).
FABIO TURCO: la realtà della Polonia è molto complessa, frutto di cambiamenti importanti negli ultimi tempi. Il 2015 è stato un anno chiave per la storia di quel paese, quando si è esaurita la spinta del governo liberale di Piattaforma Civica al potere dal 2007, che aveva assicurato un certo sviluppo sociale, economico e politico, dopo l’ingresso della Polonia nella UE nel 2004. Il leader di Piattaforma Civica, Donald Tusk, andò alla presidenza del Consiglio Europeo. La crisi di Piattaforma Civica fu accentuata da degli scandali, ma la sua ragione principale va cercata nella frattura creatasi fra i grandi centri urbani in sviluppo, come Varsavia, Cracovia, Danzica, e il mondo delle campagne, in cui riuscì a far presa il principale partito di opposizione, Diritto e Giustizia, (PIS), mobilitando minatori, agricoltori ed altre categorie. Il PIS ottenne un primo importante successo nell’aprile del 2015 con l’elezione alla presidenza della repubblica di Ansrwei Duda, e poi in autunno con la netta vittoria alle politiche del conservatore Kaczyński, con i due terzi dei voti. Con loro è cominciata la “rivoluzione conservatrice”, centrata sulla difesa della famiglia cristiana e sostenuta dal mondo delle campagne e dei centri minori, molto sensibili all’influenza della Chiesa cattolica. Il nuovo governo procedette subito a controllare la magistratura, nominando propri uomini al Tribunale Costituzionale, alla Corte Suprema, al Consiglio Nazionale della magistratura. Queste iniziative misero Varsavia in netto contrasto con Bruxelles, che attivò nel dicembre del 2017 le procedure di attivazione dell’art. 7 del Trattato di Lisbona, bloccate però dall’Ungheria, un altro paese problematico nell’Unione per quanto riguarda lo Stato di diritto. La Polonia più avanti ricambiò quel favore, quando fu l’Ungheria a fare i conti con l’art. 7. Nel corso del primo mandato il governo mantenne le promesse elettorali, a cominciare dall’elargizione degli assegni famigliari. Sul versante economico, Kaczyński ha portato avanti una politica liberista se pur con degli elementi statalisti, nazionalizzando alcune banche e aziende attive nel setto-re dell’energia. Nelle elezioni parlamentari del 2019 il governo ha confermato la propria leadership, anche se con una percentuale più modesta e perdendo la maggioranza al Senato. Il suo successo è dipeso in buona parte dalle divisioni dell’opposizione. Un’ulteriore conferma dei conservatori è arrivata alle presidenziali del 2020, con la riconferma di Duda, anche se per soli 500.000 voti. Il secondo mandato del PIS si sta caratterizzando per le iniziative contro il mondo LGBT e l’aborto, suscitando una forte opposizione pubblica nelle grandi città. Di fronte alla spaccatura sociale esistente, il governo – ormai di minoranza sul piano parlamentare – ricorre sistematicamente a voti esterni, compresi quelli dell’estrema destra. L’opposizione ha ritrovato il proprio leader carismatico, D. Tusk, che però ha suscitato la contestazione delle istanze più progressiste della sinistra. Al centro dell’attenzione odierna sulla Polonia c’è la questione migratoria, estremamente complessa. La Polonia ufficialmente si dichiara vittima della politica destabilizzante di Lukashenko, leader della Bielorussia sostenuto da Putin; a sua volta però la Polonia è accusata, per quanto riguarda i diritti civili, del respingimento illegale nei confronti dei migranti. Anche se il contrasto in atto con la Bielorussia ha portato ad un certo riavvicinamento fra Varsavia e Bruxelles, la crisi fra la Polonia e l’Europa è più aperta che mai; anche se nell’Unione Europea il fronte anti-muri è certamente meno compatto che nel 2015,
ANDREA GEUNA, ringraziando Fabio Turco per la sua relazione, invita a prestare attenzione alle manifestazioni che si svolgeranno a Varsavia domani, 11 novembre, nell’anniversario dell’indipendenza: è l’occasione in cui da diversi anni convergono molti gruppi organizzati dell’estrema destra internazionale. Dà poi la parola a Teresa Coratella, invitandola a spiegare in che modo quanto sta accadendo in Polonia, ci riguardi da vicino nonostante la distanza geografica.
TERESA CORATELLA: oggi Kaczyński può sentirsi soddisfatto per il suo ruolo di destabilizzatore dell’UE. Le sue iniziative contro i diritti umani, contro l’aborto legale, contro i migranti lo collocano come il capo dei paesi euroscettici dell’est, scavalcando ormai l’Ungheria di Orban e riuscendo a distrarre l’opinione pubblica dai grandi problemi irrisolti del suo paese, a cominciare dalla pandemia che dilaga a fronte dei pochissimi vaccinati. La Polonia in pochi anni è tornata ad essere un paese molto chiuso e scettico verso l’esterno, e in questo pesa certamente la sua storia, segnata dalle spartizioni e poi dal regime comunista. Il sua sistema sanitario è una delle vittime degli insuccessi della transizione democratica. Sul piano economico permane certamente un trend di crescita, ma nessuno dei gravi problemi strutturali sono stati risolti. I sussidi pubblici hanno assicurato finora un facile consenso ma il tempo dimostrerà i loro limiti scellerati. Il PIS sta dividendo sempre di più il paese: le grandi città guardano all’Europa, Danzica per esempio è una città aperta, filoeuropea, ferita però dall’assassinio del suo grande sindaco Adamowicz; la Polonia dell’est è completamente diversa, è ostile ai migranti e vede l’Europa come una forza estranea e opprimente. E’ una situazione nel complesso molto instabile, come dimostrano i recenti avvicendamenti di ministri, spostati come pedine. D’altra parte la Polonia ha assolutamente bisogno dei fondi europei, di investimenti e di relazioni esterne positive. E’ un quadro complicatissimo, dove la Germania è impegnata nella ricerca di un nuovo leader dopo Angela Merkel e la Francia è condizionata dalle incertezze sulla riconferma di Macron; tutta l’Europa è in difficoltà con il proprio vicinato, a cominciare dalle relazioni con la Russia e la Turchia. In questa situazione l’Europa deve mettere in atto, a mio parere, una “pazienza strategica”, scommettendo in prospettiva su quella quota di cittadini polacchi che credono ancora in lei.
ANDREA GEUNA ringrazia Teresa per il suo intervento, che ci presenta una Polonia complessa, complicata, ma comunque pluralista e non del tutto appiattita sul governo attuale. Apre quindi il dibattito.
FRANCESCO FRANCO pone due domande: le prossime elezioni polacche saranno ancora libere oppure saranno limitate dal potere? Di fronte al taglio dei fondi europei, quale saranno le conseguenze nell’opinione pubblica ancora favorevole all’Europa?
FRANCESCO MAZZAFERRO: le tensioni sulla frontiera con la Bielorussia ci mostrano un governo pericolosamente solo di fronte a Lukashenko e a Putin, con il rischio che alla fine l’Europa debba trattare proprio con Putin, avvalorando l’idea agli occhi dei polacchi che Kaczyński sia un grande leader. Come mai un paese con vicini così difficili non cerca la solidarietà dell’Unione Europea?
ANDREA GEUNA chiede a sua volta un approfondimento sulla recente sentenza della Corte Costituzionale polacca, che ha affermato la supremazia di alcune parti della costituzione polacca sul diritto europeo e sui Trattati comunitari.
ALFONSO IOZZO afferma che le attuali tensioni polacche con la Bielorussia erano prevedibili, dopo il ritiro degli Stati Uniti dall’Afghanistan. Trump, nel suo viaggio in Europa, aveva assicurato a Varsavia la sicurezza e la difesa, spostando anche 5000 soldati dalla Germania in Polonia. Oggi la Polonia ha assolutamente bisogno dell’appoggio europeo, e finirà di risolvere in quest’ottica anche il problema dei diritti umani e quelli della stessa Corte Costituzionale. D’altra parte anche negli USA, dopo duecento anni, permangono problemi con la Stato federale, come per esempio da parte del Texas.
SERGIO PISTONE evidenzia come la crisi polacca evidenzi fino in fondo che l’Europa deve diventare capace di agire, non solo contro le violazioni dello Stato di diritto ma anche a livello internazionale. E’ una costante ormai storica che la Russia tenti di destabilizzare l’Unione Europea; d’altra parte l’Europa non ha una politica migratoria definita né la capacità di agire a livello internazionale. Le vicende di cui discutiamo questa sera confermano una volta di più la necessità di completare urgentemente il processo di integrazione europea.
FRANCESCO FRANCO osserva, a proposito della democrazia, come anche all’interno dell’UE non ci sia una compiuta divisione dei poteri, dal momento che la Corte di Giustizia è nominata dai governi nazionali, compromettendone l’indipendenza.
TERESA CORATELLA risponde a proposito della Corte Costituzionale polacca, osservando come il caso sia perfettamente coerente con la politica di destabilizzazione portata avanti dal governo conservatore, che non ha messo in discussione un singolo provvedimento, come la Corte di Karlsruhe nel maggio del 2020, ma tutta la supremazia del diritto comunitario nel suo complesso. Interessante anche la reazione che la sentenza della Corte ha suscitato presso i leader europei, a cominciare dalla Merkel, in uscita ma con un peso ancora determinante. Nell’ultimo Consiglio Europeo la cancelliera ha affermato che la questione posta dalla Corte deve essere affrontata in seno alla Conferenza sul futuro dell’Europa, dando l’impressione a qualcuno che abbia cercato di prendere tempo e di non voler peggiorare le relazioni bilaterali con la Polonia, già tese per esempio sulla questione ambientale. Non dimentichiamoci che c’è un altro uomo molto potente in Polonia, oltre a Kaczyński, il ministro della giustizia Ziobro, che può cambiare qualunque giudice di qualunque corte polacca in qualsiasi momento. La Polonia sta purtroppo portando avanti una strategia ben organizzata. A proposito della domanda su che fine faranno i sentimenti ancora filoeuropeo presenti in quel Paese, se venissero tagliati i fondi europei, Teresa afferma che, piuttosto che prendersela con il governo, bisogna guardare al ruolo e alle responsabilità dei partiti di opposizione e in particolare alla figura di Tusk. Tocca a loro tener vivo il senso europeista dei polacchi e la consapevolezza della necessità di restare agganciati all’Europa, di cui la Polonia è parte integrante.
FABIO TURCO concorda sulla responsabilità che grava sulle spalle dell’opposizione. Si dichiara comunque moderatamente ottimista sulla permanenza dei sentimenti europeisti da patte dei polacchi. Di sicuro la questione delle risorse del Recovery Fund è fondamentale. La politica assistenzialista ha provocato una notevole inflazione e conseguenti problemi sociali. Come si comporterà il PIS alle prossime elezioni? E’ difficile dirlo; certamente si tratterà di una grande prova per la Polonia, che sarà chiamata a difendere il proprio assetto democratico. Kaczyński ha sempre forzato la mano nell’azione politica, non accettando limiti e sconfitte; bisognerà tenere gli occhi aperti sulla Polonia, come del resto sull’Ungheria, chiamata a rinnovare il Parlamento il prossimo aprile. Per riguarda le relazioni con i vicini, la Polonia sta cavalcando questa crisi in modo spregiudicato. Certamente la Russia è il suo nemico storico, ma nella pratica politica in questi anni essa si è allontanata più da Berlino che da Mosca. Finora la Polonia ha respinto tutte le richieste di collaborazione europee, da Frontex al controllo congiunto dei confini, volendo fare tutto da sola. Vedremo se prossimamente sarà capace di cogliere le offerte di Bruxelles in un prospettiva finalmente comunitaria.
Conclude l’incontro il segretario del MFE per la regione Piemonte STEFANO MOSCARELLI, apprezzando il dibattito appena concluso che si è concentrato su un punto rilevante della politica estera. Sono iniziative coerenti con la pratica della Conferenza sul futuro dell’Europa, che tutti noi come Movimento Federalista Europeo stiamo cercando di realizzare sulla base di quanto deliberato dal Parlamento Europeo e di quanto ci ha incoraggiato a fare lo scorso marzo il presidente David Sassoli. E’ importante sfruttare la piattaforma digitale della Conferenza, messa in funzione per comprendere quali sono i sentimenti dei popoli, dei cittadini e delle organizzazioni come la nostra. I contenuti emersi questa sera ci dimostrano una volta di più che se non esiste una politica estera, un potere federale, un’Unione non condizionata dal vincolo dell’unanimità, sarà sempre il Consiglio ad avere l’ultima parola. Noi vogliamo sfruttare la piattaforma digitale della Conferenza per affermare, attraverso la condivisione di eventi pubblici, le nostre proposte federaliste: la necessità di una politica estera comune, di un bilancio europeo autonomo e in grado di gestire tutti gli investimenti necessari, l’importanza di far sentire finalmente la voce dell’Europa e non quella dei singoli Stati. Una delle cose che dobbiamo incrementare è il rapporto anche fisico, in presenza - per quanto possibile - con i Comuni e con le organizzazioni che sostengono le idee federaliste. Proprio in tale prospettiva il Movimento Federalista Europeo ha lanciato il programma di dar vita a cento assemblee, che coinvolgano in Italia i cittadini e le istituzioni territoriali che li rappresentano. Attiviamoci tutti per proporre le nostre idee e sostenere la costruzione di un’Europa federale e democratica.
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10
November 2021
21:00 - 23:00
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50
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