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La Conferenza sul futuro dell’Europa: democrazia e istituzioni
28/10/2021 14:53
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Il Centro di documentazione europea dell'Università di Bologna, nell’ambito del progetto “La Conferenza sul futuro dell’Europa. Un nuovo slancio per la democrazia europea”, realizzato dalla Rete dei CDE italiani con la collaborazione della Rappresentanza in Italia della Commissione europea, propone un ciclo di dibattiti, con il patrocinio del Comune di Bologna. L’iniziativa consiste di 4 incontri sui macro-argomenti proposti nell’ambito della Conferenza sul Futuro dell’Europa. Il format scelto prevede degli incontri in cui i relatori selezionati, esperti del tema individuato, facciano emergere in maniera chiara gli aspetti fondamentali dell’argomento e creino un confronto produttivo con i partecipanti.
Programma:
La Conferenza sul Futuro dell’Europa: quale ruolo per i cittadini? 20 ottobre – ore 17-19.
La Conferenza sul futuro dell’Europa: democrazia e istituzioni 3 novembre – ore 15-17.
La Conferenza sul futuro dell’Europa: salute e intelligenza artificiale 17 novembre – ore 15-17.
La Conferenza sul futuro dell’Europa: ambiente e cambiamento climatico 1° dicembre – ore 15 -17.
Programma:
La Conferenza sul Futuro dell’Europa: quale ruolo per i cittadini? 20 ottobre – ore 17-19.
La Conferenza sul futuro dell’Europa: democrazia e istituzioni 3 novembre – ore 15-17.
La Conferenza sul futuro dell’Europa: salute e intelligenza artificiale 17 novembre – ore 15-17.
La Conferenza sul futuro dell’Europa: ambiente e cambiamento climatico 1° dicembre – ore 15 -17.
Palazzo D’Accursio, Sala Anziani.
Piazza Maggiore, 6 - 40124 Bologna, Italia
Piazza Maggiore, 6 - 40124 Bologna, Italia
Event report
Punti significativi emersi dalle relazioni dei relatori e dal confronto con il pubblico. Perché lo stato di diritto rileva per l’Unione europea? Rileva non solo per i rapporti tra stati ma anche per i cittadini europei. L’iter di integrazione si fonda su valori condivisi tra Stati che rappresentano il DNA dello sviluppo del sistema, tanto da condizionare la qualità dei rapporti, tra stati e verso cittadini. La stessa CGUE ha affermato che la vera integrazione - che è qualcosa di diverso dalla cooperazione internazionale classica - si ha solo se vi è fiducia reciproca tra gli Stati. Ad esempio, è possibile dare esecuzione a un mandato di arresto europeo perché gli Stati hanno fiducia reciproca sulla solidità dei sistemi giudiziari nell’ottica della tutela del cittadino, del godimento dei diritti. Si tratta di un elemento effettivamente costitutivo. Lo stato di diritto è un meta valore. Quando lo stato di diritto è tutelato allora si può garantire democrazia, diritti; insomma: tutti gli altri valori. Cosa succede quando alcuni stati in modo evidente si disallineano rispetto a questo patrimonio comune? L’ordinamento UE ha strumenti che creano un quadro ingarbugliato. Esiste un meccanismo per reagire a comportamenti posti in essere dagli stati membri (art. 7 TUE), ma ha peculiarità che di fatto ne pregiudicano l’efficacia. Si tratta di un controllo politico tra pari rimesso alle istituzioni composte dagli Stati, in genere restii ad attivare meccanismi di controllo sui comportamenti degli altri Stati perché potrebbero trovarsi dall’altra parte. Vi sono requisiti procedurali particolarmente pesanti (voto ai 4/5 del Consiglio e all’unanimità del Consiglio europeo) Infatti, recentemente attivato per la Polonia ma si sta trascinando con grande difficoltà. Ci sono altre strade: in genere, quando le istituzioni politiche fanno fatica, le istituzioni giudiziarie compensano La Corte di Giustizia negli ultimi anni ha sviluppato prassi attraverso procedura di infrazione per compiere valutazioni di carattere sistemico dello stato di diritto con riferimento alle riforme in ambito giudiziario (Polonia e Ungheria), con particolare riguardo a come il sistema risponde a indipendenza e imparzialità sistema giudiziario. Si tratta di un sindacato molto approfondito che ha portato in diversi casi sentenze di condanna verso questi paesi. Ci sono controindicazioni alla reazione giudiziaria? In relazione alla natura della reazione: giudiziaria, appunto, quando invece la violazione è strettamente politica. Una strada politica ha tentato di introdurla il NGEU con la condizionalità (erogazione fondi se rispettato lo stato di diritto) ma è stata bloccata dagli Stati In relazione al rischio che ne derivi una contro reazione giudiziaria: tale è la decisione della Corte Costituzionale polacca del 7 ottobre 2021 cha lancia una sfida inedita al processo di integrazione. Vi ha fatto seguito l’erogazione da parte della CGUE di una sanzione provvisoria di 1 mln euro al giorno fino a quando la Polonia non modificherà il meccanismo di controllo disciplinare dei magistrati La Polonia ha le carte in regola per stare nella famiglia degli stati di diritto costituzionale? Formalmente, sì. Di frontiera storicamente e geograficamente, la Polonia è tra i Paesi dell’Est quello che più di tutti presenta una storia costituzionale di estremo interesse. Da questo Paese è arrivata una domanda di matrice politica sulla compatibilità dei trattati con la Costituzione. Difatti, l’istanza al giudice costituzionale sulla compatibilità dei trattati con la Costituzione proveniva dal governo del Paese. Il Tribunale costituzionale, fortemente rimaneggiato dal partito politico al potere, ha ritenuto incompatibile il primato del diritto Ue con la Costituzione polacca. Non è la prima volta che un Paese europeo attiva i contro-limiti. Altri Stati sono stati forti difensori del dualismo e teorici dei controlimiti: in questo, l’Italia ha avuto ruolo da protagonista assieme alla Germania. Inoltre, quando si discuteva la costituzione per l’Europa, uno dei tanti problemi che si contrapponevano alla fondazione degli Stati uniti d’Europa era il concetto del demos, di un popolo unitario che potesse sintetizzare i valori dell’Europa. Il caso polacco è un caso limite e non si può parificare a queste giurisprudenze nazionali. È stato detto, agli antipodi: “il caso polacco è la fine del costituzionalismo” (The Guardian) perché è la certificazione di un atteggiamento lassista che le istituzioni europee hanno avuto nel corso della storia di fronte a queste esuberanze; “in fondo niente di nuovo sotto il sole” (Le Figaro) perché è ciò che dicono anche altri tribunali sui contro-limiti. Queste due posizioni colgono alcuni aspetti ma non convincono del tutto. Il vero casus belli è a monte: attraverso il caso polacco, è in questione oggi, in Europa, se l’integrazione europea possa avvenire prescindendo da un valore fondamentale per lo stato di diritto quale l’indipendenza della magistratura. Lo stato di diritto ha una connotazione formale ma anche sostanziale Intendiamo sia il profilo formale per cui ogni potere deve essere secondo diritto (è legittimo se è previsto e limitato dal diritto) sia un aspetto sostanziale poiché questo potere deve fondarsi su valori presupposti (come il diritto al giudice). Il dilemma che pone il caso polacco non è come conciliare sovranità nazionale e sovranità europea: la discussione oggi è tra chi crede nei valori del costituzionalismo e chi non ci crede. Polonia dice che il diritto europeo contrasta con la concezione nazionale dello stato di diritto, che però è negazione dello stato di diritto stesso, perché obliterata l’indipendenza della magistratura. Come cittadini europei, è da ritenere inaccettabile questa domanda. Per far fronte a questa sfida non è sufficiente né la soluzione politica né quella giurisdizionale. Chi nega il meta valore dello stato di diritto non può trovare posto nella famiglia degli stati di diritto costituzionale. Osservazioni del pubblico Stato di diritto ed esistenza dell’UE Posto che l’Ue è una costruzione giuridica, si può sostenere che l’esistenza anche di un solo stato che non sia di diritto rappresenti un limite strutturale per l’esistenza stessa dell’Unione? Poiché l’appartenenza all’Unione fa sì che gli stati siano portati ad allinearsi a un sistema di valori, si può dire che il processo di integrazione europea rappresenti l'espressione di un potere costituente? L’attivismo della CGUE non è esso stesso violazione stato diritto, posto che CGUE deve rispettare i limiti previsti dai Trattati ai suoi poteri? I valori dovrebbero proprio rappresentare gli elementi che consentono all’integrazione giuridica di farsi integrazione politica. È un processo di integrazione, un living instrument: c’è una condivisione a priori tra Stati che poi si rende autonoma base dell’integrazione. La fluidità del processo non è sinonimo di potere costituente. La Corte di Giustizia ha sempre interpretato il suo ruolo con una certa generosità, ritenendo di estendere il proprio mandato. C’è però un rischio contorsione tecnocratica: questa reazione della CGUE non deve essere letta come conferma del ruolo delle istituzioni tecniche. Necessità di una risposta politica unitaria e coerente delle istituzioni: è incoerente che, da una parte, la CGUE si sia attivata per l’infrazione su iniziativa della Commissione perché non funziona il rimedio posto dall’art 7 TUE e, dall’altra, la Commissione non abbia attivato il Regolamento UE 2020/2092 sullo stato diritto dei Paesi membri: nessuno Stato ha mai attivato la procedura di infrazione per violazione dello stato di diritto e la procedura ex art. 7 TUE si è arenata perché gli stati non lo vogliono mettere ai voti: bisogna che gli Stati prendano posizione in modo compatto per fare emergere chi fa parte della famiglia, altrimenti non si supera l’ambiguità della difesa dello stato di diritto dei cittadini: in Polonia vi sono state manifestazioni, ma dov’è il popolo europeo? È vero, non vi è coerenza nel comportamento delle istituzioni. Se non altro, però, si è aperta una dialettica tra le istituzioni: il Parlamento ha avviato un procedimento legale contro la Commissione sul meccanismo dello Stato di diritto. Devono emergere le posizioni degli stati e della stessa Polonia. NGEU è senz’altro una rivoluzione, un salto di qualità nella solidarietà in relazione al debito comune: ma come si può pensare che siamo a questo punto di solidarietà se c’è addirittura chi mette in discussione le fondamenta stesse dell’esistenza dell’Unione? L’unica soluzione è bottom up: bisogna intervenire sulla popolazione perché da lì può venire la reazione. La società polacca deve dire a sé stessa cosa è e cosa vuole: non si può far finta che non sia questa la domanda. Tutte le altre società dove sono? Per esempio, in Italia non vi è stata eco nei quotidiani della vicenda polacca. C’è bisogno di un investimento di risorse europee perché su questi temi si esprimano i cittadini. Espulsione della Polonia Non è possibile espellerla dall’Ue? Il recesso unilaterale di un paese dall’Unione europea è stato previsto dai Trattati (art. 50 TUE) per consentire agli Stati nuovi di uscire: può essere solo volontario quindi non è possibile espellere uno Stato. Tuttavia, laddove non arriva il diritto europeo possono arrivare altre norme: in base al diritto internazionale, se una parte contraente ritiene che una parte violi elementi essenziali del trattato, può essere espulsa. Per realizzare l’espulsione si tornerebbe alla logica del diritto internazionale. Si potrebbe ma sarebbe un “cortocircuito esistenziale” dell’UE che laddove deve difendere la propria esistenza lo fa al di fuori del diritto europeo. D’altra parte, in momenti di crisi l’UE attinge al diritto internazionale, si pensi allo Stability mechanism.
03
November 2021
15:00 - 17:00
Number of participants
31
Reference: cofe-MEET-2021-10-75571
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